La Fondazione si confronta con le forze politiche sul futuro del settore socio sanitario

La Fondazione Sat'Erasmo, in occasione delle ormai prossime elezioni, ha comunicato a tutti i candidati alla presidenza della Regione Lombardia di essersi resa disponibile a incontri con loro, con i candidati al consiglio regionale e con gli esponenti politici sulla base di un documento che porta in primo piano i temi fondamentali per il settore

Ad oggi hanno risposto la coalizione del Centro Destra, garantendo la presenza lunedì 6 febbraio, alle 16.00, dell'avvocato Avv. Luca Degani, candidato nella lista “Fontana Presidente”, e quella del Centrosinistra, per la quale saranno presenti martedì 7 febbraio, alle 16.00, l’ex presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, e il candidato e vicepresidente del consiglio regionale, Carlo Borghetti.

Di seguito il testo del documento che abbiamo preparato, condiviso e che mette in primo piano alcuni temi fondamentali sui quali confrontarsi per il futuro del settore socio sanitario in Lombardia e non solo. 

 

ELEZIONI REGIONALI 12 E 13 FEBBRAIO 2023
LE NOSTRE PROPOSTE AI CANDIDATI 

Il 12 e 13 febbraio 2023 i cittadini lombardi saranno chiamati a rinnovare il Consiglio regionale e a eleggere il Presidente che governerà la nostra Regione nei prossimi 5 anni. Si tratta di una scelta importante che avrà ricadute dirette   e indirette su molti servizi, in primis quelli relativi al sistema socio-sanitario. 
Nelle scorse settimane molti candidati hanno contattato la nostra Fondazione al fine di raccogliere pareri, proposte e consensi. Avendo scelto di non interferire sulla campagna elettorale abbiamo volutamente evitato di pubblicizzare queste interlocuzioni.  
A tutte le forze politiche che ci hanno contattato abbiamo però offerto, insieme alla disponibilità se lo ritengono di un incontro,  una serie di spunti che ci auguriamo possano aiutare a gestire al meglio alcune questioni che consideriamo centrali e prioritarie per il futuro della nostra Regione e del nostro Paese: l’invecchiamento della popolazione, la necessità  di potenziare i servizi sia residenziali che domiciliari, il sostegno al terzo settore e alle realtà no-profit, la riforma del sistema socio-sanitario in un’ottica di maggior attenzione e apertura al territorio.
Ecco, in sintesi, i punti salienti che abbiamo ritenuto opportuno sottoporre agli schieramenti e ai candidati. 

Le prossime elezioni regionali arrivano in un momento decisivo per il settore socio-sanitario: due anni di pandemia hanno fatto emergere debolezze e criticità che hanno accentuato oltre misura i problemi del sistema welfare già esistenti. I prossimi anni saranno decisivi: in negativo se l’esperienza recente verrà archiviata senza riflettere sugli errori e le evidenti mancanze emerse nella loro reale dimensione. In positivo se chi governerà la Regione avrà il coraggio di utilizzare la cartina di tornasole delle criticità del settore restituita dalla pandemia come un’opportunità per affrontare con coraggio e consapevolezza i problemi e provare a risolverli.
In queste ultime settimane ARIS e UNEBA, in rappresentanza di 500 strutture lombarde a vocazione non profit operanti nel settore sanitario e sociosanitario, hanno già preso posizione indicando in maniera dettagliata  prospettive e indirizzi di programmazione. Come Fondazione Sant’Erasmo abbiamo fatto nostre le indicazioni di categoria e abbiamo poi deciso di circoscrivere il campo a tre argomenti specifici, così da concentrare l’attenzione dei candidati su obiettivi ben definiti e coinvolgerli direttamente perché si possa passare in breve tempo dalle parole ai fatti concreti. La nostra Fondazione, dunque, mette in primo alcune parole chiave: prevenzione, assistenza domiciliare, residenzialità assistita e coprogrammazione lo fa provando a ridurre queste questioni complesse agli elementi base. 

Prevenzione
Tradurre le buone intenzioni in fatti concreti è il passo decisivo da compiere per dare una dimensione concreta alla riforma sanitaria e per farlo è necessario andare oltre i soli, condivisibili concetti teorici che stanno alla base delle Case di Comunità per trasformarle in realtà funzionanti: dare un’identità certa alle Case di Comunità significa riempirle di contenuti, intesi come servizi, e prima ancora di personale. 
La Casa di Comunità nasce per diventare il punto di riferimento unico per tutte le cronicità, che devono trovare in questo luogo le risposte necessarie in termini di visite e assistenza, ma anche il supporto informativo indispensabile a tutti gli utenti per potersi orientare: un sistema a 360 gradi in grado di chiudere il ciclo dell’assistenza. La Casa di Comunità non deve essere solamente il punto di riferimento per chi ha la necessità di prenotare una visita: l’esperienza quotidiana ci suggerisce che debba essere anche l’approdo certo per chi vuole sapere a chi rivolgersi per l’assistenza domiciliare, le terapie, oppure come lavorare per l’eliminazione delle barriere nella propria abitazione o quali dispositivi di prevenzione utilizzare. Un sistema che funziona solo se le Case di Comunità saranno popolate da professionisti e specialisti in grado di rispondere alla domanda crescente di assistenza.

L’assistenza domiciliare
Il disegno di legge sulla non-autosufficienza, recentemente  approvato dal Governo, trae spunto dalla necessità di potenziare la rete dei servizi - domiciliari, diurni, residenziali e centri multiservizi socio-assistenziali, sociosanitari e sanitari - dando così forma e organizzazione ai servizi territoriali che le Case della Comunità, con gli Ospedali di comunità, sono chiamati a garantire.
Fra i vari servizi che necessitano sostegno e sviluppo rientrano senza ombra di dubbio quelli domiciliari. Secondo le indicazioni del PNRR, il sistema di assistenza domiciliare dovrebbe arrivare a servire il 10% della popolazione anziana che ha la necessità di avere un supporto, mentre oggi siamo mediamente attestati intorno a percentuali inferiori al 4%. Procedere in questa direzione non significa, però, potenziare il solo aspetto quantitativo ma definire anche la crescita qualitativa degli interventi. La disponibilità di risorse certe, personale e mezzi, diventa lo snodo fondamentale: gli interventi domiciliari hanno allo stesso tempo lo scopo di prevenire ricoveri impropri, senza gravare dunque sul sistema sanitario, e di garantire dimissioni protette, perché diversamente si correrebbe il rischio di “cacciare” dagli ospedali persone inevitabilmente destinate a rientrare nella struttura, con un carico di costi enorme per il sistema. 
Quando parliamo di assistenza domiciliare non ci riferiamo alle sole situazioni acute, ma anche alle patologie croniche. Anche nella nostra struttura gestiamo il servizio di “RSA-aperta”, poco conosciuto ma pienamente operativo con un’ottantina di utenti e indirizzato soprattutto alle situazioni di demenza: casistiche che le famiglie possono gestire a domicilio grazie al sostegno continuo di OSS, educatori e fisioterapisti che lavorano direttamente a domicilio permettendo alle famiglie di contenere le criticità, alleviare i caregiver e garantire una permanenza in famiglia della persona malata.
L’assistenza domiciliare non può non essere inserita in un sistema complessivo di servizi a filiera, che garantiscano, a seconda dell’evoluzione di bisogni, un’assistenza complessiva: deve dunque curarsi la sua integrazione con i servizi semiresidenziali diurni (RSA aperta, Centri Diurni Integrati, ecc.), con quelli residenziali (RSA), con la residenzialità assistita, dando vita a reti o centri multiservizi prefigurati dal disegno di legge sulla non autosufficienza. In questo gli Enti del Terzo Settore gestori, come la Fondazione Sant’Erasmo, non possono che essere protagonisti, già svolgendo sul territorio questi servizi.   

Residenzialità assistita
Quando ci riferiamo alla residenzialità assistita, intendiamo certamente parlare in primo luogo di RSA e della necessità di garantire un sostegno e un futuro a queste strutture: il forte incremento dei costi derivato dal post-Covid, dalla spirale inflattiva e dal caro energia non può essere interamente scaricato sulle famiglie. E gli adeguamenti delle contribuzioni riconosciute dalla Regione sono certamente insufficienti. 
Ma “residenzialità assistita” non significa solo RSA. Il tema è quello degli alloggi protetti e della residenzialità leggera che, in futuro, assumerà un ruolo sempre più importante. Per questo è necessario che il Sistema socio-sanitario regionale strutturi una rete di servizi che deve essere potenziata per favorire la nascita di luoghi di assistenza e cura che siano complementari ai servizi garantiti dalle RSA, in grado, come detto in merito alla domiciliarità e agli altri servizi, di offrire una risposta articolata alla fragilità e ai bisogni degli anziani.

Coprogrammazione e Coprogettazione
In tutto questo scenario, infine, dobbiamo anche tenere conto dei soggetti e degli attori che abitano questo sistema. Avvertiamo quotidianamente la tendenza alla formazione di schieramenti fin troppo definiti nei loro contorni: la contrapposizione, dunque, rischia di essere tra chi è per il pubblico e, in parte, contro il privato, e chi si schiera per la parità assoluta tra i due sistemi. Il tema è, probabilmente, in altro modo rappresentabile, partendo da un elemento certo: non esiste un solo privato. C’è il privato profit e il privato non profit: la rete dei servizi socio sanitari in Lombardia vede più di tre quarti di questi servizi (77%) come espressione del privato sociale non profit, realtà che corrisponde a quella della nostra Fondazione, che non scende in campo per fare utili ma per rispondere a bisogni ai quali il pubblico, per svariati motivi, non riesce ad assolvere. 
La nostra è una “terza via”, ma va rilevato che anche il pubblico non è tutto uguale: una cosa è il pubblico che sceglie di fare il burocrate, altra cosa è il pubblico che orienta, sceglie e non si pone in modo neutro rispetto al sistema.
Le parole chiave che può fare sintesi è quella della “coprogrammazione” con forme di “coprogettazione”, in particolare nella realizzazione della nuova assistenza territoriale: sono le procedure messe in campo dal Codice del Terzo settore. L’auspicio è che questi strumenti possano sempre più diventare la leva attraverso cui enti sanitari pubblici ed enti privati non profit collaboreranno nell’unico sistema pubblico del Servizio Sanitario, ricercando, pianificando e gestendo soluzioni condivise e risposte concrete.

Su tutti questi aspetti è necessario confrontarsi perché l’obiettivo comune è solo quello di fornire servizi adeguati alle necessità della popolazione e di un’utenza che, troppo di frequente, appare disorientata e incapace di reperire soluzioni certe, soddisfacenti e in tempi brevi. 

Legnano, 1 febbraio 2023

PRESIDENTE                            DIRETTORE GENERALE                         
Avv. Alberto V. Fedeli                        Dott. Livio Frigoli                      

 

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