L’assistenza domiciliare a un bivio: la Fondazione Sant’Erasmo accetta la sfida

L’Adi che verrà, o meglio l’evoluzione del sistema di assistenza domiciliare che sta per essere riformato e che, almeno sulla carta, dovrebbe permettere di compiere un passo avanti nella gestione integrata delle cronicità trasformando questa stessa Adi in “Cd”, acronimo che sta per Cure domiciliari. Il 2023 è l’anno in cui l’assistenza domiciliare integrata come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi dovrà iniziare questo percorso integrandosi con altri servizi territoriali e anche la Fondazione Sant’Erasmo sta compiendo i passi necessari per la procedura di accreditamento che dovrà essere ultimata entro il mese di marzo di quest’anno e garantirà d’essere parte attiva in questo processo a suo modo rivoluzionario. Ovviamente sarà poi compito degli enti superiori valutare la domanda  e verificare il rispetto della regole richieste per validare, infine, l'accreditamento. 

“Il nuovo servizio ha due obiettivi - spiega il direttore generale della Fondazione Sant’Erasmo, Livio Frigoli - Il più importante è allinearci alla riforma in atto per mettere in gioco la nostra professionalità nell’evoluzione del sistema. Dopo di che è assodato che strutture con dimensioni simili alla nostra o ampliano il raggio di azione, diversificando il fatturato e ampliando lo spazio dedicato ad altri servizi, oppure rischiano di essere letteralmente schiacciate da quelle che definirei le “multinazionali della cronicità”. Questa è una vera scommessa che passa dalla possibilità di disporre delle risorse di personale necessarie: è una sfida non solo per noi, ma per tutte le strutture del settore e non parliamo di sole risorse economiche, ma anche umane. Un solo esempio dei cambiamenti nel quadro generale: dopo il Covid il costo degli infermieri, figure chiave per questo tipo di servizio, è cresciuto in maniera notevole così che le marginalità per chi offre il servizio sono minime”. 

L’obiettivo di regione Lombardia, in riferimento delibera dell’agosto 2022, è integrare su base territoriale, a partire dalla Case di comunità, i tre servizi esistenti, vale a dire Adi, che ha una gestione orientata alla casistica sanitaria, Rsa aperte, che si occupano del socio-sanitario, e i Sad, gestiti direttamente dai Comuni e che hanno competenza prevalentemente sull’ambito sociale.  
“La logica dalla quale prende spunto la riforma – conclude il presidente della Fondazione Sant’Erasmo, Alberto Fedeli - è che il sistema pubblico, così come è strutturato oggi, è difficile che possa gestire integralmente un sistema riorganizzato secondo questi principi: è proprio per questo motivo che il terzo settore, composto da realtà come la nostra, andrà utilizzato non solo come semplice esecutore, ma anche nelle funzioni di regia e coordinamento. Quello che è lecito attendersi è che il nuovo Governo regionale oltre alla buone intenzioni possa anche mettere in campo gli strumenti e le risorse in grado di garantire la sostenibilità economica di tutto il sistema da parte degli attuatori”. 

Va ricordato che il Pnrr, nella scia dei provvedimenti a livello nazionale presi durante la pandemia e che avevano assegnato risorse aggiuntive alle Regioni per il potenziamento della propria assistenza domiciliare, presuppone che gli interventi previsti nella Missione 6 conducano entro il 2026 ad assistere in Adi il 10% della popolazione anziana.  Per quanto concerne la Lombardia questo significa che, rispetto ai dati del 2019, sarà necessario raggiungere una popolazione di oltre 90mila anziani in più.  Al di là della nuova definizione e dell’acronimo che andranno a identificare il servizio, l’obiettivo è integrare in tempi rapidi le modalità di intervento sul territorio: entro dicembre 2022 si sono riaccreditati al servizio Adi quanti già operavano nel settore, entro marzo i nuovi accreditamenti dovranno seguire il percorso costruito secondo le nuove modalità in linea con il servizio riorganizzato.  

La vera rivoluzione della riforma dovrebbe essere determinata in primis dalla regia, che verrà affidata in futuro alle Case di comunità territoriali. Gli attuatori, invece, sono chiamati a uscire dalla logica dell’Adi così come è stata intesa sino ad oggi e dunque una logica di prestazione, secondo la quale al problema acuto che si presentava seguiva la prestazione di intervento e cura:  “Ora il passaggio fondamentale non consiste più nel prendere in carico l’acuzie – aggiunge il direttore sanitario della Sant’Erasmo, Chiara Mazzetti - ma nell’affrontare a livello territoriale la cronicità senza attendere l’esito. Si dovrà lavorare sulla presa in carico perché il focus verrà spostato dall’emergenza e dal caso acuto alla cronicità, gestita anche a domicilio, così che Oss, Asa ed educatori si troveranno a lavorare in un sistema integrato”. 

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